FIORE – SOLO IN UN GIARDINO DESERTO – ESTERNO NOTTE –
FIORE
Lucciole, non andate via anche voi. Lucciole, aspettatemi. Lucciole non fate le stronze. Ora mi alzo. Ora vengo con voi. Lo sapete che ho le radici. Per quanto piccole ho le radici anch’io. Non quelle del baobab, ma aspettatemi. Non ridete. Ora arrivo.
FIORE – SOLO IN UN GIARDINO DESERTO – ESTERNO GIORNO –
FIORE
Ore 13 e trenta, uscita delle scuole. Figurati se nessuno passa di qua. Adesso, escono da scuola e una dodicenne innamorata mi sradica, disarticolandomi lo stelo, m’ama non m’ama, uno a uno, strappa i petali, io urlo, urlo, ma lei non mi sente, m’ama non m’ama. Non si ricorda neanche lei chi -un ragazzino in piena crisi ormonale che le spia le tette nell’ora di ginnastica, quando ballonzolano su e giù- poi mi getta a terra.
Fiore ucciso da tette ballonzolanti, lei voleva sapere se lo spia tette la ama. Tette ballonzolanti non sa che spia tette ama le sue tette.
Cadavere reciso, senza più petali, giace sulla terra dei giardinetti, l’ultimo fiore rimasto.
Stanotte passano le lucciole.
Perché solo le formiche mi considerano? Formiche sarcofaghe. Si nutrono di fiori morti, mi camminano addosso, non vogliono fare la fatica di uccidermi, hanno le dispense già piene, mi tengono ancora in vita, quale cibo è più fresco del cibo ancora vivo? Mi camminano addosso per tastarmi, gli viene l’acquolina in bocca a quelle becchine. Devo solo sradicarmi le radici. Non posso morire qua.
FIORE- SOLO IN UN GIARDINO DESERTO- ESTERNO NOTTE.
FIORE
Ho un buco, un buco dentro lo stelo. Non so se è normale. Non so se è vero. C’è. Qualcuno può vedere questo buco? C’è qualcuno che possa vedermi? Solo in questo cazzo di giardinetto. Lucciole. So che siete nascoste qui da qualche parte. Ieri c’eravate, oggi vi nascondete. Voi non lo sapete ma io vengo con voi. Lucciole non potete scaricarmi ora. Non potete lasciarmi qua. C’eravate, ora vi nascondete. Tutti si nascondono, le erbe, le ortiche, le bocche di leone e quei cazzo di Non ti scordar di me. Che occhieggiavano i frocetti da sotto l’erbetta. Con gli occhietti blu e la linguetta gialla titillavano le zanzare. E ora che cazzo ve ne fate delle amanti succhia sangue? Siete scappati con loro? Le avete inguaiate e piccoli vampiri dagli occhi azzurri e dalle lingue gialle popolano le vostre pozzanghere. E le bocche di leone? Chi si è inchiappettato le bocche di leone? E io? Lucciole, voi siete destinate a me. Io sono il vostro protettore, pappone, cliente, schiavo. Lucciole io scivolo fuori dalla terra che si spacca, si fa sempre più calda. Scivolo fuori e vi aspetto. Domani.
Non c’è nessuno.
Lucciole di merda, dove siete! Tanto lo so che dovete uscire prima o poi. Lucciole. Lucciole. Luccioline del fiorellino. Luccioline belle venite fuori se no vi strappo a morsi quelle vostre belle zampette.
Non è perché vi sto antipatica io, vero, che non uscite? Se è solo per questo, sto’ zitta.
Sto’ zitta, ferma, cerco solo di togliermi le radici da terra, millimetro per millimetro, non sono delle grosse radici, ma se le strappo muoio, invece le sfilo da terra così quando venite posso scappare con voi. Lucciolette! Oh, non mi importa dove, decidetelo pure voi, l’importante è andarsene di qua. Qua non c’è più niente, lo sapete. Perché dovrei rimanere? È l’inizio di stagione, devono ripulire i giadinetti, arrivano i giardinieri e puliscono. Muoiono tutti e io rimango qua. Muoiono, spero che siano morti tutti. Io non guardavo, io stavo giocando con due api, poi qualcuno mi ha schiacciato e quando sono riuscita a tirarmi su, erano tutti scomparsi. O sono morti, o sono scappati e mi hanno lasciato qua da sola.
Spero che siano morti, non scappati.
Lucciole, sto’ zitta. Sto’ ferma. Non fatemi parlare con l’aria, con la luna. Che poi inizio a non capirci più un cazzo e…tanto che poi è uguale, se voi non tornate, rimango sempre un fiore solo.
FIORE – SOLO IN UN GIARDINO DESERTO – ESTERNO GIORNO –
FIORE
Di nuovo le 13 e 30. Ieri tette ballonzolanti è passata proprio vicino a me e non mi neanche guardato.
Ho lo stelo storto, i petali mezzi mangiati dalle lumache. Si, le lumache. Biascicano bava e compaiono dopo che ha piovuto. Piove e pensi. “Figo! Acqua. Non muoio di sete.” E poi pensi. “Lumache!” Lumache bavose, pesanti. Non puoi neanche essere contento per due gocce d’acqua che. Lumache. Mi hanno assaltata, erano decine, sono uscite dai vasi rotti che stanno sotto il muretto, alcune incastrate dentro involucri di gelato, carte delle dietorelle e fondi di cornetto, una pattumiera in movimento decisa a concedersi una cena biologica. Perché me le vedo a ingozzarsi di mentos marcie cadute a terra a bambini obesi, e le care mammine ottuagenarie che, per evitare che il “piccino” se le rimetta in bocca, le tirano dietro i vasi. E quelle bavose se le puppano. Lumache colesteroliche fatte di haschisc. Perché lì dietro ci nascondono anche il fumo, i bambini obesi, quando diventano un poco più grandi. Lumache. Mi fanno schifo le lumache, e mi fa ancora più schifo la loro bava e sopra la bava, la casa della lumaca e dentro: lumache. Mi mangiano, a morsi mi uccidono, ma partono da distante: un petalo, arrivano a metà e poi lo mollano, si dimenticano e poi un altro petalo. Troie. E mi si piega anche lo stelo per il peso, e ritornano, ma non finiscono mica il petalo che hanno cominciato, no, no, ne cominciano un altro. Lumache. Ora non sono buona neanche per un m’ama non m’ama. Verrò mangiata dalle lumache. Qualunque cosa, ma mangiata dalle lumache, no. Trasformarmi in bava, no.
Lucciole! Stanotte vi fiaccio un culo così se non mi portate via. Lucciole, stanotte sarò senza radici, se non venite vi inculo tutte.
FIORE –SOLO IN UN GIARDINO DESERTO- ESTERNO GIORNO.
FIORE
Ore 17 e 20, credo. Il bastardo a sei dita non mi ha ancora innaffiato, sei, ne sono sicura, li ho contate. E con tutti i bei posti dove potrebbe andare proprio qui deve sbattere il muso alle 17 e 30, alle 17 e 30 da quando ho memoria e la sua donna con i tacchi alti che lo tira, anche, mentre mi rovescia la pioggia acida di crocchette ciappi al pollo diossinato o aviariato. Che un pollo non l’ha manco mai visto, lui, Achille. E io non posso fare a meno che aspettare. Stare qui, fermo, immobile. Attendere il bombardamento amoniaco e, ancora peggio, devo pregare che il cucciolino non regali alla terra – quello si che sarebbe un regalo dal cielo- ottima merda canina, concime naturale che riossigena questa polvere di mattoni e sabbia e mozziconi. Ma quella, la padroncina con i suoi cazzo di tacchi a spillo, si infilerebbe i guanti plastica/supermercato per raccogliere la merda di Achille e affonderebbe la sua palettina tigrata (stesso giallo Achille) nella terra attorno a me. Con me dentro e mi fagocita e padroncina e Achille e tacchi scompaiono ora e sempre.
Nel momento in cui i miei occhi toccheranno la merda di Achille spiaccicandosi tra le due pinze della paletta tigrata anche tu scomparirai cicala di ‘sto cazzo.
E finalmente smetterai di stressarmi con il tuo ululato d’amore, che se non l’avessi ancora capito, tanto, non te la dà. Strofina le zampette, strilla, ma sei e rimarrai sempre una cicala sola. Sola.
Eccolo, il sei dita arriva scodinzolando. Ti prego non cagare, piscia solo. Ti prego. O Gesù d’amore acceso non ti avessi mai offeso o mio caro buon Gesù, con la tua santa grazia, non ti offenderò mai più. Ammoniaca, no cacca. Ammoniaca, no cacca. Ammoniaca, ti prego, ammoniaca.
FIORE – SOLO IN UN GIARDINO DESERTO- ESTERNO GIORNO
FIORE
Fa caldo questa sera. Nessuno ha voglia di sgranchirsi un po’ i petali? Bocca di leone, perché sei così silenzioso? Ti sei di nuovo infrattato con Miseria? (Rivolto ad una rosa immaginaria) Stasera ho visto la vecchiaccia, ma si dai… la moglie del fruttivendolo, ti guardava strana. Dici che era l’uomo dei piccioni che ti guardava stano? Bhé cara Rosa, io se fossi in te direi le tue ultime preghiere. L’uno o l’altro domani ti coglieranno. (Rivolto ad un altro fiore immaginario) E dai… è divertente prendere in giro la Rosa, gli tremano tutti i boccioli. Si crede così figa solo perché è alta quasi un metro. E tanto lo sanno tutti che è solo una Rosellina selvatica. (Rivolto ad un altro fiore immaginario) Io? No. Perché dovrei aver paura? Io sono vivo. Io. E tu, Rosellina? Come stai? La vecchiaccia ti ha portato al cimitero dal maritino? E di vaso in vaso sei giunta al cassonetto? Il tuo stelo è marcito, è puzzolente, è sfilacciato? Povera Rosellina, sei stata abbandonata tra le bucce di melone, i moschitti e gli assorbenti usati. Dimmi, dimmi: sei gia stata mangiata dai tuoi amici vermi? I vermi mangiano la terra, cagano la terra. Mangiano la terra, cagano la terra. Bello no? figo no? Mangiano la terra, cagano la terra fino a quando non mangiano te e non cagano te. Nutrimento genuino per altri bei fiori colorati. Miseria?! Se voi foste morti, vittime inconsapevoli dei giardinieri-carnefici, al mattino avrei dovuto vedere una distesa di gambi e petali mozzati tra fiumi di linfa raggrumata. Credo. E invece solo polvere e mattoni e mozziconi e cemento. Miseria, almeno tu rispondi? Non riderò più quando ti sradicano. Non riderò più quando ti sradicano. Torna! Mangiano i fiori, cagano i fiori. Mangiano la Margherita, cagano la Margherita. Ma la Margherita alza le radici e vi saluta. Lucciole! (Fischia, come per chiamare un taxi.) Ciao, vermicelli del fiorellino, cercate la Miseria, cercate la Rosellina – secondo me si è nascosta dietro il muretto.- Mangiate la Rosellina così cagate profumato! (Improvvisamente serio.) Bocca di leone? Bocca di leone? Ti ricordi quando è passata quella corona di fiori morti? Era sospesa tra le braccia di un ragazzo che correva. Ti ricordi che quasi ti ha fatto un pelo con le sue scarpe Nike? Dopo cinque passi, una musichetta: tittiritti…tittiritti. Lui si era fermato. Ha posato la corona di fiori morti a terra. Erano margherite, margherite come me. E mi fissavano da distante, i loro petali si stavano chiudendo, lentamente, a uno a uno. Una farfalla bianca è passata volando, i fiori non ancora morti, quelli moribondi, l’hanno chiamata, volevano lasciarle un po’ del loro polline prima di sfiorire. Lei si è avvicinata, volteggiando, leggera come un Soffione ed è scomparsa, bianco su bianco. È scomparsa. Non l’ho più vista capisci? Bocca di leone? Il ragazzo poi ha ripreso tra le mani la corona di fiori, l’ha alzata, piccoli fiocchi di neve vegetale hanno imbiancato il prato, e ha ricominciato a correre. Bocca di leone? Ma tu l’hai mai fatto con una farfalla? Le coccinelle si, bamboccine ubriache che ti sbatti senza neanche spogliarle. Le api si, chi è che non si è mai schiacciata un ape? Sono le più rinomate puttane del prato. Ma con una farfalla? Bocca di leone? Ma lo sai che le farfalle sono caga terra prima di diventare farfalle? Bocca di leone? Io non l’ho più vista una farfalla. Secondo te torna? Bocca di leone? Tu dovresti scopare con una farfalla gialla, sai?
Mangia terra, caga terra… mangia terra, caga terra… mangia terra, caga terra…gialla.
No, la Miseria non scopa con le farfalle e neanche i Non ti scordar di me. Quelli se la fanno con le zanzare. La Rosa? La Rosa è al cimitero. Mangia terra, caga terra. Mangia terra, caga terra. Mangia terra, caga terra profumata.
Lucciole, non abbiate paura, a voi non vi tocco neanche con un pistillo, vi chiedo solo un passaggio. Lo giuro.
FIORE –SOLO IN UN GIARDINO DESERTO- ESTERNO NOTTE.
FIORE
Aspettate. Non arrivate ora, non mi guardate ancora. Non ora. Non posso più tornare indietro, non posso più andare avanti, fermo, con le radici mezze scoperte.
Ora escono. Stanno arrivando le lucciole. Mi stanno cercando e io non sono ancora pronta. Non ho preparato il mio bagaglio di radici, piccole radici da nulla che non vogliono lasciare il terreno.
E se poi non c’è niente? E se poi cado a terra schiantandomi dai miei cinque centimetri d’altezza? Ricoperta dalle mosche.
O passare ancora un giorno ad aspettarvi. Aspettarvi tutta una giornata perché non ce l’ho fatta a sdradicarmi. E se poi mi sdradico e. E se poi cado? e se poi muoio? E se poi non arrivano in tempo? Le mosche i miei caronti, i vermi il mio futuro, e se poi devo spettare un altro giorno?
Ancora qui a cercare di riempire il buco dentro il mio stelo con le parole. A inghiottire il liquido dolciastro che ne esce. Sbaglio. Sbaglio sempre. È una ferita aperta che mi divora dall’interno. I miei poveri petali sbavati, urinati, mangiati; il mio stelo disarticolato e le mie radici ancora piantate a terra. E se poi non succede niente? Meglio aspettare, meglio non fare per non cadere, rimettere dentro le radici. Aspettare ancora un giorno, svegliarsi domani mattina e ancora aprire i due petali che mi sono rimasti e. dove cazzo sono finiti tutti quanti? Perché non avete pensato. Perché non mi avete amato? Morti. Sola. Voi siete morti.
FIORE – SOLO IN UN GIARDINO DESERTO – ESTERNO NOTTE –
SOGGETTIVA.
FIORE
Libera dalle radici piantate nella merda. Il primo fiore libero. e tra poco volante. Lucciole! Sono libera. Posso volare con voi! Volare lontano, dove non ci sono erbacce che ti tradiscono, che ti abbandonano. Spero che siano morti tutti e poi mangiati dalle lumache e i loro resti stivati nei formicai delle sarcofaghe assieme alle patatine di mais al formaggio in decomposizione. Morti e non scappati. Voglio che siano morti, io scappo, scappo da solo, le lucciole i miei autisti. Viaggio di prima classe solo andata. Sola, non sono sola, sono con le lucciole. Anche se sono tutta mangiata e ho paura. Ma io sola. Perché nessun fiore mi vuole. Tutti che scappano dal giardino e io sola. Scappo. Sola. Con le lucciole che non sono un cazzo. Solo neon con un collegamento staccato. E io adesso volo, primo fiore volante in questo giardino di merda. Un fiore senza radici e coi petali mangiucchiati. Mi hanno disarticolato il gambo, ma io resisto. io volo.
Non come voi che strisciate. Strisciate a terra e scappate. Per lasciarmi sola, voi scappate. Io sola.
Volo.
Senza neon.
Voi scappate.
Io no.
Volo.
Tette ballonzolanti, io volo.
Tu ballonzoli.
Poi non ballonzolerai più
Io volo ancora
Ti afflosci
Addio.
Salutami lo spia tette
Io volo.
Sargofaghe gonfie di san carlo
Io volo
Mangiatevi i neon
Mangiatevi le bavose
Mentos
Io volo
Sola
Senza radici
Senza petali
Senza stelo
Sola
Volo
Senza
morire.